La guerra dei forti tra altopiano di Asiago e quelli cimbri - I -
“Al
Pian delle Fugazze la mattina del 24 maggio il confine era stato
infranto da fanti e alpini e pali e targhe giallo e neri erano
discesi a Schio e a Vicenza come trofei di vittoria. Nella notte
stessa del 13 al 24 gli alpini irruppero sul Pasubio e l'occuparono,
Vicenza e Schio respirano e ne esultarono, come chi si sente liberto
da un incubo. Era scomparso il ridotto nemico quasi accampato sui
nostri tetti. La discesa delle nostre truppe nella Vallarsa fu rapida
quasi incontrastata. Avanzammo di 22 chilometri fino ai forti
austriaci del Matassone e del Pozzacchio, occupandoli, e ci stendemmo
sugli ultimi contrafforti di Trambileno e di Coni Zugna a sei
chilometri sopra Rovereto.
Ugualmente
dalla Borcola scendemmo in Valle di Terragnolo, occupando tutto il
massiccio del Col Santo e accampandoci di fronte alla potente linea
di forti austriaci del Finonchio e dell'Altipiano di Folgaria.
Minima, invece, fu l'avanzata dall'Altipiano di Tonezza, appunto
perchè da quel lato c'imbattemmo subito contro l'estrema cortina del
campo trincerato di Trento, contro la quale, da Campomolon, dal
Coston d'Arsiero, dai Fiorentini invano scagliammo le nostre truppe
per tutto l'autunno 1915.
Nell'Alta
Val d'Astico avevamo dovuto far sgomberare dalla popolazione civile
di Lastebasse, S.Pietro Val d'Astico, Forni e Pedescala. I primi
profughi di guerra, oltre quattromila, andarono ad accasarsi a Malo,
a S.Vito di Leguzzano, a Schio, a Caltrano, a Fara, a Breganze,
Lastebasse restò zona neutra, dominata com'era dal forte del
Belvedere, sul quale gli austriaci avevano orgogliosamente inciso il
motto:
Per
Trento io!
E
difattì bastò per tutti i quattr'anni della durissima guerra. Ma
non bastò più quando passò su l'ali la Vittoria e Trento fu
nostra. Per tutto il resto della linea dell'Astico le nostre truppe
varcarono il fiume, che segnava il confine, e si arrampicarono su per
le strapiombanti pareti dell'Altipiano di Lavarone, spingendosi fino
a Cima Norre, di fronte al forte austriaco di Campo Luserna. Il primo
crepitio delle mitragliatrici lo udii appunto sulle contrade
sovrastanti a Casotto; ed ivi pure vidi il primo morto, un veneziano
della Brigata “Roma”.
Nella
zona di confine fra i vari reparti presenti c'era anche il
battaglione alpini Bassano, facente parte del 6° reggimento alpini,
comandato dal tenente colonnello Viola, con le compagnie 62,63,74 e
94, dislocate tra l'Osteria del Ghertele e cima Mandriolo. Nel corso
del primo giorno di guerra, secondo il diario storico del battaglione
“alle 4 la 63 compagnia occupa con pattuglie prima e poi con un
plotone quota 1985, sulla cresta ad est di Cima Mandriolo. La 74
occupa un posto avanzato quota 1796 oltre confine. 94 e 62 occupano
il costone di Costa di sopra e Costa di sotto con posti avanzati.
Nella giornata viene rafforzata la linea avanzata posta nel Coston di
Costa di sopra. Costa di sotto coll'invio di un plotone per ognuna
delle 4 compagnie del battaglione Bassano. Alle 4 il forte Verena
apre per primo il fuoco. Il battaglione del 162° spinge
l'esplorazione in fondo Val d'Assa verso Verena.
Il
secondo giorno di guerra portò alla scoperta di una batteria
austriaca composta da tre pezzi e installata nelle vicinanze di
Casotto. Il colonnello Caorsi, comandante dell'artiglieria dello
sbarramento, ordinò di distruggere la batteria utilizzando i tre
pezzi in cupola girevole del forte Casa Ratti. Le batterie del
Campomolon-Toraro erano battute da un intenso fuoco di artiglieria
proveniente dal forte Belvederle e dal Cherle che le mettevano in
serio pericolo.
I
forti Sommo Alto, Cherle e Luserna risposero al fuoco italiano con
accanimento sparando proiettili a shrapnels. L'esito fu però quasi
nullo.
Le
batterie dal Toraro sospesero il bombardamento verso il Doss del
Sommo, perchè quel forte non sparava; la batteria di Campom olon
cambiò il suo obiettivo dirigendo il fuoco verso il Belvedere, non
era più considerato opera di poco conto.
Nel
settore di Asiago, nei primi giorni furono particolarmente attive le
batterie dei forti Campolongo e Verena che concentrarono il loro tiro
verso il Luserna, arrecandogli seri danni. Secondo il parere del
comando d'artiglieria dello sbarramento; “il comando
dell'artiglieria del settore cambiò continuamento obiettivo alla
batteria, rivolgendo man mano il tiro sulle opere avversarie che più
tormentavano quelle posizioni. Questa dispersione di fuoco certamente
non è stata favorevole per ottenere il nostro intento di battere
cioè le opere avversarie successivamente. Anche con questo errore,
la concentrazione di fuoco sull'opera di Luserna e Spitz Verle, aveva
dato ottimi risultati”.
Il
diario storico del battaglione alpini B parlano, che quel giorno aveva
raggiunto la zona di cima Mandriolo e la piana di Vezzena, annotava,
in merito al bombardamento delle opere italiane, “i nostri forti
continuano a battere le fortificazioni nemiche permanenti e
occasionali, con discreti risultati”.
Il
primo giorno di bombardamento per il Luserna fu pesante: arrivarono
dei proiettili da 280 mm con ritmo frequente mentre il bombardamento
dei pezzi da 210 e 149 fu leggero. Si verificarono i primi danni: il
sistema di areazione non funzionava più. C'erano già dei segni di
stress nervoso, sia da Nebsar che da altri ufficiali e soldati. Il
giorno successivo, il Comando artiglieria dello sbarramento, iniziò
a non prendere più sotto gamba le possibilità offensive di forte
Belvedere, definendolo minaccioso.
Dalle
5 del mattino, venne aperto il fuoco dagli italiani e risultò più
preciso rispetto a prima. Il bombardamento durò dalle 5 alle 17 con
circa 40 colpi. Furono colpiti il blocco delle casematte con 4 colpi,
due giunsero all'opera n.4 ed uno nella zona del riflettore. In
questo caso, la copertura venne perforata dal proiettile e si riuscì
a ritirare in tempo il riflettore in zona protetta, non subendo
danni. La copertura di questa parte del forte non era a prova di
bomba e i danni furono lievi. La strada d'accesso a causa dei
bombardamenti non era praticabile; la conduttura dell'acqua era
interrotta in tre punti ed anche il cavo telefonico in un punto.
Erano arrivati al forte anche dei proiettili di medio calibro.
Il
giorno 27 maggio, il forte Belvedere, che nei giorni precedenti aveva
battuto con un intenso fuoco d'artiglieria le batterie della zona
Campomolon-Toraro, fu controbattuto dalla batteria Spelonca della
Neve, unica batteria da 280 mm che poteva battere l'opera austriaca.
Intanto il forte austriaco continuò a battere incessantemente e con
molta efficacia la batteria di Forcella Molon, che verso le ore 16
dovette essere sgomberata momentaneamente.
L'effetto
del fuoco della batteria di Spelonca della Neve sul forte Belvedere
non ottenne i risultati desiderati a causa della grande distanza e
della poca vulnerabilità della posizione su cui era stato eretto il
forte. Gli obici da 210 della batteria di Porta Morazzo, la batteria
del forte Verena e la batteria di obici degli Arzari diressero il
loro fuoco verso il forte Busa Verle con buoni risultati, mentre il
forte austriaco rispose al fuoco con tiri inefficaci.
Le
condizioni di vita nei forti austriaci sotto i bombardamenti furono
descritte da due protagonisti, vale a dire l'aspirante ufficiale
Fritz Weber e l'alfiere Luis Trenker. Così Weber descriveva la sua
esperienza durante i bombardamenti italiani:
“ogni
tre minuti ci appiattiamo, mentre un'esplosione lacera i nostri
timpani. La testa ci gira come una trottola. Dopo sei ore di fuoco,
dodici di sosta, quindi altre sei d'inferno, se prima non veniamo
fatti a pezzi. Ogni tre minuti, una parte della nostra copertura vola
in pezzi sotto il loro tiro.”
Il
primo giorno di guerra, il tiro fu con shrapnels da 149 mm
principalmente sulla via d'accesso. Il giorno dopo alle 4.30, gli
italiani aprirono il fuoco verso il forte. La cupola n.3 venne
colpita dall'obice da 280 mm senza danni. Il gruppo delle casematte e
la batteria ricevettero più di 30 colpi sul calcestruzzo. Una
granata da 210 mm trapassò uno schermo d'acciaio del primo piano con
un grande foro di mezzo metro quadrato. All'interno del forte nessun
danno, mentre ai reticolati molti.
Il
giorno dopo, la cupola n.3 ricevette un colpo da 280 mm: il
proiettile esplose nella breccia. L'installazione fu danneggiata alla
base. Ci furono delle perdite: un morto e 4 feriti. La corazzatura
fissa della mitragliatrice del blocco di batteria fu colpita da un
proiettile dello stesso calibro del precedente senza causare danni.
Nel corso della giornata 57 colpi arrivarono sul calcestruzzo;
c'erano problemi nell'areazione, la circolazione d'aria era pessima a
causa delle imposte d'acciaio
Facoltà
di Storia – Università Cà Foscari Venezia – docente prof.
Casellato Alessandro – partecipante come uditore
Commenti
Posta un commento