Il sistema difensivo italiano alla frontiera con l'Austria Ungheria- Piano d'attacco negli altipiani Cimbri -

Sembra superfluo premettere una descrizione minuta delle condizioni topografiche della zona in questione (Astico-Assa), giacchè come venne più volte studiata, illustrata e discussa. Sicchè provato senz'altro alle considerazioni suggeritimi dalle ricognizioni eseguite, in relazione all'ipotesi stabilite da codesto comando e ai quesiti dal medesimo formulati.
La natura del terreno d'attacco, l'ubicazione delle opere austriache permanenti rispetto agli sbocchi che si presentano a chi voglia attaccare dalla linea Verena-Toraro, la natura e la dislocazione dei trinceramenti e delle opere semipermanenti costruite in questi ultimi tempi dagli austriaci nelle immediate vicinanze del confine e in posizione radunata, che possano essere utilizzate dall'attaccante senza essere battuto efficacemente dai tiri vicini ed incrociati dai trinceramenti e dai fuochi lontani concentrici dei forti rendono assolutamente necessario di scuotere innanzi tutto l'efficienza del nemico con tiri di artiglieria di grosso e di medio calibro, occorre cioè che i forti siano fatti tacere; e posti almeno in condizioni tali da avere scarsa efficacia sulle truppe attaccanti: occorre altresì che siano scosse le più robuste opere campali.
Soltanto allora si potrà presumere di poter sboccare verso le posizioni nemiche, e di potersi concentrare per muovere all'attacco, senza essere necessariamente arrestati dai fuochi che l'avversario potrebbe altrimenti rivolgere con grande efficacia sugli sbocchi, di per sé stessi angusti, o sulle posizioni di radunata a questi ultimi antistanti.
In conclusione, dovrà dunque essere sviluppata un'azione preliminare d'intenso fuoco concentrate sulle batterie di grosso calibro sulle opere permanenti e dalla batterie di medio calibro (ed eventualmente da campagna) sulle ridotte e sulle altre opere occasionali nemiche, tale azione di fuoco dovrà essere di più e meno lunga durata, a seconda dei casi, degli obiettivi e delle circostanze.
Da questa premessa, “quasi come pregiudiziale, è necessario rilevare come la fronte assegnata non offra che due soli sbocchi sull'altipiano austriaco, e precisamente alle ali della linea stessa, giacchè sul centro questa ne è rotta dall'angusta forra della val Torra e dalle pendici scosceso della Val d'Assa. Per di più l'orientamento degli altipiani l'uno rispetto all'altro e la natura degli ostacoli che ciascuno di essa presenta sono tali che si è necessariamente condotti ad un'azione frontale, giacchè l'eventuale avvolgimento delle truppe dislocate sugli altipiani di Lavarone e di Luserna, operate da quelle di Folgaria, non produce forse necessariamente una ritirata decisiva delle prime, inquantochè gli ustriaci possono sempre ripiegare lungo le loro linee di comunicazione, sia verso nord, sia verso nord-ovest, sotto la protezione di truppe che, avendo possibilità di occupare buone posizioni ( le pendici del Becco di Filadonna, e gli sbocchi dell'altipiano di Lavarone), possono assicurare la ritirata stessa.
Analogamente dicasi per l'influenza che può esercitare l'attacco del Lavarone-Luserna sulle truppe occupanti la Folgaria.
In conclusione, l'azione iniziale, almeno sarà, in massima, frontale e dovrà svilupparsi attraverso sbocchi ristretti; soltanto procedendo innanzi saranno possibili spiegamenti ulteriori di truppe numerose.
Se non che, a parere mio, lo sbocco nord-orientale (tra Cima Mandriolo e le testate di val Torra) è quello che presenta migliori condizioni; sia perchè fin dall'inizio permette di appoggiare sulla destra l'azione alle pendici scoscese settentrionali di Cima Mandriolo; sia perchè consente di appoggiarne l'attacco di Valsugana; sia, infine, perchè dà la possibilità di un primo obiettivo (Pizzo di Verle) tale che il raggiungimento del medesimo avrà un'influenza; o almeno certamente considerevole, sullo sbocco delle truppe in Val d'Assa e sulla conquista degli ulteriori obiettivi situati nel sottostante altipiano di Vezzena. La natura del terreno è tale, poi, che permette d'impiegare inizialmente sull'attacco (Cima Mandriolo) artiglieria da montagna in concorso alle batterie di medio calibro, e in seguito, riusciti a sboccare in val d'Assa, consente altresì lo spiegamento in basso di batterie da campagna. E' bene, fin da questo momento fermare l'attenzione sull'importanza dell'obbiettivo era ora nominato ad affermare che su di esso, per conseguenza, dovranno inizialmente convergere gli sforzi dell'attaccante.
Occorre osservare, però che l'avanzate generale sarà certamente assai lenta, sia per il fuoco delle opere permanenti avversarie e per quelle degli apprestamenti a difesa, sia perchè gli appigli tattici non abbondano e sono di scarso valore; conseguentemente si renderà necessario, anche ora l'appoggio di tutte le batterie in postazione fissa e mobili. Avuto riguardo, poi, ai fini generali dell'azione, sembra che l'attacco sviluppato da quest'ala sia il più proficuo di risultati, perchè presenta un obiettivo ulteriore assai importante, cioè, senza urtare contro l'ostacolo del Filadonna e delle sue pendici (posizioni queste che secondo le recentissime informazioni, sone e saranno ancora, rafforzato) tende all' occupazione dell'orlo nord dell'altipiano di Monte Cimone, con dominio sulla sottostante piana di Levico-Caldonazzo e con la possibilità di tagliare, o almeno distruggere, la ritirata austriaca da quella parte. Non dimentichiamo che per tale orlo, a sussidio delle batterie da campagna spinta innanzi, potrnno ulteriormente appostarsi batterie di medio calibro.
Facoltà di Storia – Università Cà Foscari Venezia – docente prof. Casellato Alessandro – partecipante come uditore

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