Il sistema difensivo italiano alla frontiera con l'Austria Ungheria- Piano d'attacco negli altipiani Cimbri – Analisi fattibilità dell'attacco -
Il
documento passò ai comandi superiori per analizzare la sua
fattibilità. L'8 febbraio arrivò la risposta dal comando del 1°
corpo d'Armata di Torino inviata al comandante destinato d'armata
Brusati.
“Ho
attentamente esaminato l'interessante studio trasmessomi in
comunicazione col foglio sopra distinto e, aderendo al al desiderio
dell'E.V., volentieri espongo il mio parere in merito alle
disposizioni proposte.
Premesso
che, stando alle direttive impartite dal S.E. Il Capo di Stato
Maggiore dell'Esercito, con foglio n°52 RS del 6 gennaio 1915, nel
caso di un'offensiva a fondo contro la fronte sud-orientale del campo
trincerato di Trento, verrebbero, fin dall'inizio delle operazioni,
assegnati nuovi e poderosi mezzi ossidionali, tratti dal parco
d'assedio, e che perciò dovrebbero, in tal caso, apportarsi
probabilmente notevoli varianti allo studio fatto, ritengo opportuno
limitarmi ad alcune considerazioni circa i concetti informatori
seguiti nel piano d'attacco di cui trattasi, giovandomi, in ciò
specialmente della particolare conoscenza, che ebbi già occasione di
acquisire, del terreno di manovra.
Ho
innanzitutto osservato che, - avendo la Commissione compilatrice
dello studio, se si eccettuano le due batterie di obici da 210 R.P.,
dovuto considerare soltanto le artiglierie delle opere permanenti ed
occasionali costituenti la sistemazione difensiva delle regioni
Campolongo-Verena e Campomolon-Toraro, - le prime posizioni delle
batterie d'attacco e la dislocazione delle medesime sono quelle
stesse già fissate per la sistemazione difensiva delle anzidette
regioni.
Ne
è derivato, in sostanza, un attacco contemporaneo e pressochè
uniforme dell'intiera fronte della zona fortificata avversaria, al
quale manca, a mio parere, la preponderanza necessaria per ottenere
effetti decisivi e che ben difficilmente si potrebbe raggiungere,
senza il concorso delle artiglierie d'assedio mobili promesse da S.E.
Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, col ripetuto foglio n° 52
R.S. Orbene, la regione degli altipiani di Folgaria, Lavarone e
Vezzena, dotata di opere permanenti affatto recenti e organizzata a
difesa in questi ultimi mesi, con importanti lavori di carattere
semi-permanente, costituisce una estesa e profonda zona fortificata,
il cui attacco frontale e contemporaneo non solo richiederebbe
numerosi mezzi, ma riuscirebbe altresì di lenta e difficile
esecuzione, nonché di non adeguato rendimento, come prova in genere
l'esperienza della guerra di montagna.
Nelle
condizioni prospettate, effettuando un poderoso attacco d'ala e
possibilmente avvolgente, per poter ottenere, dapprima, col massimo
possibile sforzo e nel più breve tempo, la espugnazione d'una
estremità della zona fortificata avversaria ed in seguito, con la
successiva manovra ed anche con l'impiego dei mezzi ossidionali da
nuove posizioni meglio rispondenti allo scopo (sul fianco), la caduta
delle difese rimanenti.
Dopo
tale concetto, assumono speciale importanza i capisaldi d'ala della
zona fortificata in questione e cioè, a nord i forti di PIZZO DI
VERLE E BUSA VERLE e a sud di DOSS DEL SOMMO e di SOMMO ALTO.
Dirò
subito che preferisco l'attacco principale sia diretto contro l'ala
nord-orientale e ciò:
1°
- perchè le operazioni contro questa ala permettono di svolgere una
più attiva cooperazione con la IV armata, e, insieme alle operazioni
compiute dalle truppe di questa, conducono alla conquista diretta
delle posizioni che dominano la fronte sud-orientale del campo
trincerato di Trento;
2°
- perchè la conquista dei forti di PIZZO VERLE, BUSA VERLE e
specialmente del primo, per la sua posizione dominante rispetto
all'intera regione fortificata, rende più agevole la esplicazione
dell'esposto concetto di manovra e cioè l'ulteriore azione di fianco
contro le opere rimanenti;
3°
- perchè l'ala medesima riceve debole appoggio dalle artiglierie
installate sul Monte PANAROTTA (distante 8 km dal PIZZO DI VERLE) e
perchè la dorsale di CIMA MANDRIOLO può essere facilmente mantenuta
dalle nostre truppe, appoggiate dai cannoni dell'opera di CIMA
VERENA, mentre all'ala sud-occidentale l'attacco avvolgente del
Gruppo DOSS DEL SOMMO-SOMMO ALTO si presenta più difficile, non solo
per la conformazione del terreno, ma anche perchè l'azione delle
nostre truppe sarebbe subordinata al possesso dell'altipiano del COL
SANTO, che il nemico ha rafforzato con opere occasionali e che
richiede già, di per se, l'impiego di truppe e mezzo di attacco
notevoli.
4°
- perchè la regione CAMPOLONGO-VERENA-CIMA MANDRIOLO sembra
consentire un maggior impiego dei mezzi d'attacco, i quali ricevono
protezione e sicurezza dalle due opere permanenti di CIMA VERENA e
CIMA CAMPOLONGO, armate con artiglierie moderne ed a lunga gittata.
Facoltà
di Storia – Università Cà Foscari Venezia – docente prof.
Casellato Alessandro – partecipante come uditore
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